Il rapporto tra memoria, oblio e architettura nella trasmissione della conoscenza è ciò su cui focalizza la sua ricerca Jacopo Rinaldi, uno dei quattro artisti in residenza selezionati per il progetto “Sino alla fine del mare”, a Gagliano del Capo (LE). Rinaldi ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Roma e fa parte di Mnemoscape, una piattaforma di ricerca su memoria ed ai metodi artistici legati all’archivio. Paesaggi, mare e ferrovia sono gli elementi che l’hanno ispirato durante la sua residenza al Capo di Leuca.
Al giro di boa del suo percorso di residenza, abbiamo posto delle domande a Jacopo per tracciare un primo bilancio della sua esperienza.
– Dopo questi primi mesi di residenza pensi che questa sia una terra estrema?
Dipende da cosa si intende per “terra estrema”. Se parliamo di una terra periferica forse bisogna interrogarsi sui luoghi a cui attribuiamo una centralità. Se per estrema intendiamo una terra difficile allora credo sia interessante capire rispetto a quale norma si misuri questa difficoltà. Sicuramente in termini geografici è estrema perché di confine con il mare.
– Quali sono gli elementi che stanno influenzando maggiormente il tuo processo creativo?
Forse gli elementi che stanno influenzando la mia ricerca hanno a che fare con diversi luoghi. L’impatto più forte è stato con il mare. Sin dai primi giorni con Roberto Memoli siamo scesi verso il ponte che collega le sponde della gravina del Ciolo. In seguito mi sono interessato ai frantoi ipogei e alla linea ferroviaria che porta alla stazione di Gagliano.
– Su quali aspetti intendi incentrare il tuo lavoro di restituzione finale?
Per il progetto finale vorrei interagire con il paesaggio lavorando sui finestrini di uno dei treni che portano alla stazione di Gagliano.
– Tre parole per definire queste terre estreme.
Fumo e muri bassi.
Per sapere di più su Jacopo Rinaldi e i suoi appunti.
Intervista di Maria Dabén Florit
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