Bozza automatica

Tutto ci sfugge

Mostra a cura di Claudio Zecchi e Paolo Mele

29 giugno – 7 Settembre

Dal Lunedì al Venerdì: 10.00-13.00 / 18.00-20.00; Sabato su prenotazione

Opening 29 giugno ore 19

Il titolo, tratto dal taccuino di appunti per Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, individua nel tema della memoria e nella sua ricostruzione attraverso gli strumenti della narrazione, il fil rouge dei quattro lavori presentati.

Dice Yourcenar: «Tutto ci sfugge. Tutti. Anche noi stessi. La mia stessa esistenza, se dovessi raccontarla per iscritto, la ricostruirei dall’esterno, a fatica, come se fosse quella di un altro. […] Qualunque cosa si faccia, si ricostruisce sempre il monumento a proprio modo, ma è già molto adoperare pietre autentiche. Ogni essere che ha vissuto l’avventura umana, sono io».

Seppur da latitudini differenti, i quattro lavori in mostra rielaborano la memoria e il ricordo ad essa connesso attraverso meccanismi formali di verosimiglianza che, seppur partendo dall’universo narrativo della realtà, la rimettono in discussione creandone una completamente nuova.

Arachne di Romina De Novellis è un lavoro di ricerca tradotto formalmente in una performance. Una camminata che ha visto protagonista l’artista e un gruppo di donne che si sono spontaneamente aggiunte nel corso del tragitto che va da Galatina a Santa Maria di Leuca. La performance è stata filmata e documentata con la realizzazione di alcune fotografie che sono parte integrante del progetto finale. L’opera è un’analisi, attraverso il corpo, delle tarantate contemporanee e del genere femminile in terra Salentina e nel contesto del Mediterraneo.

In occasione della mostra verrà presentato il film e due delle immagini fotografiche.

Romina De Novellis, Arachne, performance da Galatina a Punta Ristola, photo credits De Novellis/Bordin, 2018, courtesy Ramdom e l’artista

En Route to the South – parallel migrationsdi Elena Mazzi e Rosario Sorbelloè un progetto in progress in corso dal 2015 che si basa sulla giustapposizione tra la pratica dell’apicoltura nomade e il fenomeno della migrazione umana. Nel caso specifico di Gagliano del Capo e del territorio salentino, il progetto si concentra sulla condizione in cui versa l’apicoltura locale, costretta a sostituire il tradizionale metodo di allevamento stanziale con quello del nomadismo, a causa di scelte economiche, politiche e di gestione ambientale (monocoltura dell’ulivo) che hanno compromesso quella biodiversità del territorio necessaria alla produzione di miele.

Già presentata in forma di performance/lecturepresso il frantoio ipogeo “La fadea”, l’opera verrà restituita questa volta nella sua totalità mostrandone i diversi elementi: disegni, testo, audio e arnia.

Elena Mazzi, Rosario Sorbello, En route to the South, Moving land, tecnica mista su carta, 25 x 33 cm, 2018, courtesy Ramdom, gli artisti e Ex Elettrofonica

OLGA (Outdoor Lab for Gathering the Absence), di Lia Cecchin, intende riflettere sul concetto di ricordo e sulla condizione di migranti dei cittadini di Gagliano del Capo. Molti locali, infatti, per mancanza di lavoro si sono dovuti trasferire altrove e i più giovani per ragioni di studio si spostano e a volte tornano.

Avvalendosi di una app preesistente (FlashFace) che utilizza il linguaggio di programmazione che da qualche anno viene utilizzato anche dalla polizia nella costruzione degli identikit, OLGA vuole mettere lo spettatore di fronte alla formalizzazione del proprio ricordo attraverso la ricostruzione di un volto. Un ritratto apparentemente perfetto e realistico, ma al contempo insidioso e fallace.

Scarcagnuli, di Riccardo Giacconi e Carolina Valencia Caicedo, è infine un radio documentario parte di un progetto a lungo termine sui paesaggi sonori e le testimonianze orali di specifiche comunità. A Gagliano del Capo è stato già presentato in forma di cinema senza immagini presso il Bar 2000 e di passeggiata sonora collettiva. Per la mostra assumerà la forma di un luogo d’ascolto intimo in uno spazio aperto.

La mostra è realizzata grazie al supporto della Regione Puglia.

Tutte le opere sono state prodotte e realizzate grazie al supporto del bando SIAE | Sillumina Copia privata per i giovani, per la cultura e MiBAC e Regione Puglia.

Sino alla fine del Mare. La pubblicazione

Ramdom è lieta di annunciare che dal 10 giugno è in distribuzione la pubblicazione Sino alla Fine del Mare. Investigation on the extreme lands, un progetto di Ramdom edito da Viaindustriae.

Cosa sono le Terre Estreme? Estreme rispetto a cosa? Come è possibile raccontarle? Cosa accade quando la visione e la quotidianità degli abitanti del luogo s’intreccia con quella degli artisti provenienti da altri luoghi? Possiamo considerare le terre estreme, o più in generale ciò che è periferico e marginale, una metodologia per se? Le terre estreme ci hanno invitato a indagare su uno stato di relazioni infinite e complesse in cui la marginalità diventa parametro capace di mettere in discussione e interrogare la nozione di centro, sia come luogo geografico, sia come luogo di produzione artistica o culturale. 

La pubblicazione Sino alla fine del Mare prova a rispondere ad alcune di queste domande il racconto di alcune tappe di un percorso di ricerca avviato da Ramdom nel 2014. Il libro è uno strumento di analisi e diffusione del percorso fin qui costruito attraverso l’intervento di esperti in discipline differenti il cui obiettivo è quello di costruire una nuova mappatura cognitiva delle terre “ultime”. Partendo dal Capo di Leuca, il libro diventa un dispositivo universale capace di creare un ponte ideale con situazioni geo-antropologiche simili.  Oltre agli artisti coinvolti – Elena Mazzi e Rosario Sorbello; Romina De Novellis; Riccardo Giacconi e Carolina Valencia Caicedo; Lia Cecchin – che hanno tradotto il tema attraverso gli strumenti del linguaggio visivo, hanno contribuito Paolo Mele, Luca Coclite, Claudio Zecchi, Domenico Licchelli, Radical Intention, Massimo Carozzi, Alessandro Carboni, Carlos Casas, Heba Amin, Francesca Girelli e Alessandra Pioselli. Questa diversificazione porta in dote una duplice funzione: da una parte raccontare il tema delle Terre Estreme da prospettive differenti, dall’altra indicare la metodologia multi-disciplinare con la quale Ramdom si è da sempre approcciata al lavoro creando relazioni capaci di moltiplicare i piani di accesso e approfondimento.

Un progetto di Ramdom

Editore Viaindustriae, Foligno, 2019, pag. 144, 15 €

A cura di / edited by Paolo Mele, Annapaola Presta, Claudio Zecchi

Testi di: Paolo Mele, Claudio Zecchi, Radical Intention, Massimo Carozzi, Domenico Licchelli, Luca Coclite, Heba Amin e Francesca Girelli, Alessandro Carboni, Carlos Casas, Alessandra Pioselli, Elena Mazzi e Rosario Sorbello, Romina De Novellis, Lia Cecchin, Riccardo Giacconi e Carolina Valencia Caicedo

Sino alla fine del Mare.

Fase tre. Finalizzazione.

La terza fase di lavoro ci ha permesso di tirare le somme. Da una parte la riflessione sul percorso fatto e una sua ricostruzione teorica; dall’altra la presentazione della ricerca in forme diverse quasi assumibili al concetto di opera.

Discussione pubblica tra i curatori Claudio Zecchi e Paolo Mele e gli artisti Elena Mazzi + Rosario Sorbello; Lia Cecchin, Riccardo Giacconi + Carolina Valencia Caicedo

Le terre estreme, nella fattispecie il Capo di Leuca, sono, come dice Valentino, pescatore intervistato da Riccardo e Carolina nella preparazione del loro radio documentario, a seconda di dove le si guarda punto ultimo e punto primo. Le terre estreme sono materia complessa e forse assomigliano di più ad una terra di passaggio, nel caso specifico al centro del Mediterraneo, i cui confini sono molto più vasti e meno definibili di quello che appaiono ad una prima osservazione. Questa ampiezza le rende infatti terre che non si danno nell’immediato e che nella loro posizione marginale rimettono costantemente in discussione il senso comune delle cose. Sono anche luogo di resistenza, di possibilità radicali e uno straordinario laboratorio sperimentale in cui il linguaggio viene continuamente rinegoziato in una funzione tesa a creare un nuovo orizzonte, aprire finestre e produrre sconfinamenti. Le terre estreme ci costringono a riposizionarci costantemente rispetto allo spazio che occupiamo stabilendo un rapporto dialettico col territorio e chi lo vive generando così una pluralità di prospettive di significazione.

Elena Mazzi + Rosario Sorbello, En route to the south, performance,Frantoio Ipogeo “La Fadea” di Russo

Carlos Casas[, regista e artista visivo, parla infatti dei “paesaggi estremi come luoghi dove è ancora possibile sperimentare visioni che ci permettono di ricalibrare i nostri limiti e accrescere la nostra coscienza. Luoghi capaci di registrare la nostra ignoranza aiutandoci ad ampliare le nostre capacità di comprensione del mondo”.

Se quindi consideriamo le terre estreme come strumento per se, è chiaro allora che ci troviamo nel dominio del rischio, dominio in cui è possibile operare per rotture e discontinuità.

Come già detto, sul piano strettamente metodologico, il tentativo è stato infatti quello di liberare la ricerca dal momento della produzione vera e propria non chiedendo agli artisti la realizzazione di un lavoro finale – se non il contributo per la realizzazione di un libro – formalmente risolto. Questo spazio di libertà ha paradossalmente generato una sorta di inciampo e, quella che avrebbe dovuto essere solo la presentazione della ricerca nel suo statuto discorsivo fin dove era giunta, si è trasformata nella presentazione di oggetti (se non proprio opere) dai contorni certamente più definiti e potenzialmente generativi di ulteriori possibilità.

Riccardo Giacconi + Carolina Valencia Caicedo, Scarcagnuli, poster, Bar 2000

Riccardo Giacconi e Carolina Valencia Caicedo hanno infatti riconosciuto nel Capo di Leuca la possibilità di continuare la loro ricerca a lungo-termine sui paesaggi sonori e le testimonianze orali di specifiche comunità realizzando la prima parte di un radio documentario dal titolo Scarcagnuli[. Radio documentario presentato sia in forma di “cinema senza immagini”, sia come una sorta di appuntamento “radiofonico” trasmesso tutti i giorni per circa trenta minuti alla stessa ora presso il Bar 2000.


Riccardo Giacconi + Carolina Valencia Caicedo, Scarcagnuli, Bar 2000

Con OLGA (Outdoor Lab for Gathering the Absence), Lia ha lavorato sul tema della memoria facendo leva su ciò che si è dimenticato anziché sulle informazioni che sono resistite al tempo. Gagliano del Capo è infatti un paese con un forte passato migratorio che ha visto le precedenti generazioni trasferirsi altrove per cercare fortuna e allontanarsi da un presente che lo indica come meta turistica e luogo di passaggio. Partendo da questa identità transitoria, Lia ha lavorato sui concetti di assenza, perdita e quindi sulla ricostruzione dei ricordi.

Entrambe i lavori sono riusciti a definire un campo di relazione che si è delineata come mezzo e non come fine facendo sì che l’opera, poiché liberata da un’attività creativa non finalizzata, mettesse in rilievo la dimensione problematica dei processi nella loro complessità.

Lia Cecchin, OLGA (Outdoor Lab for Gathering the Absence)

Lia Cecchin, OLGA (Outdoor Lab for Gathering the Absence), Identikit

Sino alla fine del Mare.

Fase due. Paesaggio antropico e paesaggio ambientale.

Liberare la ricerca dal momento della produzione vera e propria; insistere su un tempo radicalmente lento; rintracciare storie e individuare possibili formati che siano in grado di riconsegnare – non formalizzare in senso oggettuale – in una direzione di tipo socio-antropologica, i confini di un paesaggio umano, terreno fin ora poco sondato in una ricerca sull’estremo che ha visto come attore principale il paesaggio nel suo aspetto geografico e paesaggistico.

In questo senso è forse meglio declinare la parola paesaggio nell’ottica di una prospettiva più ampia e parlare piuttosto di “spazi” al plurale lì dove «[…] le evidenze territoriali sono differenti e condizionano le scelte artistiche. La parola “spazi” è volutamente tra virgolette, sottintende l’ambiente, il paesaggio o il territorio. Sono termini che avrebbero in origine connotazioni differenti: non cambia l’oggetto di analisi, ma il modo di osservarlo, che determina la categoria concettuale espressa attraverso la scelta terminologica. […]» (A. Pioselli, L’arte nello spazio urbano, premessa).


Burraco al Bar 90 Minuto

Sessione di lavoro presso Lastation con Radical Intention, foto credits Claudio Zecchi

In quest’ottica, il paesaggio, è anche il luogo della percezione individuale e collettiva nel “fare” di un luogo un “paesaggio” (A. Pioselli) e in questa seconda fase gli artisti sono andati incontro ad una lettura ancora più ampia attraverso gli strumenti, o punti di osservazione, messi a disposizioni da alcuni professionisti esterni.

A partire proprio dalla definizione conflittuale di territorio e comunità con Michele Romanelli, lo sguardo si è poi posato, attraverso una procedura metodologicamente del tutto sperimentale e disfunzionale, sulla possibilità di rintracciare una possibile relazione tra la terra estrema del reale e la terra estrema del sogno (Radical Intention). Qui il lavoro collettivo declinato sul versante processuale ha imposto prima di tutto la necessità di un’attenzione su un linguaggio che viene continuamente e radicalmente rinegoziato nell’ottica della costruzione di un lessico comune. Un lessico completamente reinventato per determinare il luogo in cui ci si trova cercando di capire, se e quanto, i piani del pubblico e del privato o meglio, dell’emotività individuale e dell’emotività collettiva, siano influenzabili quando c’è condivisione. Il risultato parzialmente raggiunto è stata la costruzione di una mappa, un paesaggio in fieri in cui, per usare le parole di Calvino sebbene spostando il paradigma di riferimento su un piano più ampio (città = spazio), «non si deve mai confondere la città con il discorso che la descrive».


Sessione di lavoro presso il sentiero del Ciolo con Radical Intention, foto credits Claudio Zecchi

La mappa tende dunque a mettere in relazione due piani tracciando la soglia di un limbo in cui l’aspetto emotivo è costantemente presente. Un aspetto tanto fragile quanto effimero nel quale si registra quella dimensione sonora, a partire dall’ascolto, esplorata in fine con Massimo Carozzi (Artista, Zimmerfrei). Una dimensione che contribuisce ad allargare ulteriormente il piano dell’indagine sul paesaggio come strumento capace di restituire gli “spazi” – nella loro duplice natura antropica e ambientale – senza immagini ampliandone, per paradosso, la potenza emotiva. Il suono diventa quindi strumento attraverso il quale approcciarsi alle persone (come?), raccogliere testimonianze e (ri)costruire una narrazione comune che, non dando indicazioni geografiche precise, si sposta dal pianodel particolare a quello dell’universale.


Mappa della Terra Estrama del reale e della Terra Estrema del sogno (particolare)

Sino alla fine del Mare

Fase uno. Ipotesi di lavoro e metodologia.

Courtesy Domenico Licchelli

Courtesy Domenico Licchelli

Sino alla fine del Mare è un progetto di ricerca sul tema delle cosiddette Terre Estreme declinato in tre fasi. Questa che si è appena conclusa, la prima, è per certi versi la più delicata poiché basata sulla necessità di stabilire delle coordinate e dei codici in un tempo brevissimo che induce necessariamente a delle forzature nelle relazioni tra il territorio e il suo paesaggio al tempo stesso geografico e antropologico; la stazione come centro nevralgico della ricerca; e gli artisti che per due settimane hanno occupato la stazione stessa rispondendo al tema dell’estremo fungendo quasi da incubatori di un’esperienza che si è limitata, ad oggi, a raccogliere informazioni e conoscenze di diversa natura intrecciandosi con un tempo estremamente lento.

Una sessione di lavoro presso Lastation con Domenico Licchelli

I momenti di pausa, declinati quasi nella dimensione dell’ozio sono, infatti, in un progetto di ricerca di sei mesi il cui obiettivo non è produrre un’opera bensì un libro, tanto importanti quanto quelli di conoscenza e approfondimento. Questi momenti si sono poi intrecciati con la vita di tutti i giorni e quei luoghi di riferimento che alimentano le relazioni sociali a Gagliano del Capo; le tracce lasciate dagli artisti che hanno partecipato alle passate edizioni; i professionisti e infine le associazioni che operano nel territorio stesso.

In questa fase, infatti, la conoscenza alta, in particolare quella scientifica che aveva come obiettivo quello di segnare in qualche modo i confini e delineare la struttura geo-morfologica del territorio e le sue possibili ricadute di natura antropologica, si è intrecciata in maniera organica con le forme più varie della conoscenza: da quella fatta per via diretta attraverso le escursioni, a quella della trasmissione della memoria attraverso il racconto, a quella agronomica, a quella infine emotiva.

Luca Coclite disegna una mappa delle Terre Estreme attraverso i lavori degli artisti che hanno partecipato alle precedenti edizioni

Il territorio nella sua vasta stratigrafia si è comportato come una sorta di piattaforma, o meglio, un complesso dispositivo di intrecci e di tracce, di punti per ora sospesi che verranno uniti in un tempo non guidato dai meccanismi della produzione forzata se non piuttosto in una forma che, attraverso il libro, diventerà una sorta di rizoma lasciando successivamente spazio libero ad altre ipotesi di lavoro e ricerca per gli artisti stessi, per Ramdom e per quegli artisti/ricercatori che verranno.

In escursione accompagnati dall’associazione Salento Verticale

_____

Intrecci, tracce, appunti…

Photo curtesy Carolina Valencia Caicedo

Photo curtesy Carolina Valencia Caicedo

Photo curtesy Lia Cecchin

Photo curtesy Lia Cecchin

 

Una marcia al femminile, Arachne – 10giugno2018

Una lunga marcia attraversà il Salento, da Galatina a Santa Maria di Leuca. Una marcia al femminile, una performance collettiva.
Domenica, dall’alba al tramonto, una lunghissima marcia dedicata al genere femminile, in questa meravigliosa terra salentina! Un omaggio e una fuga dal tarantismo, dalle gabbie sociali, dai clichés culturali, da tutte le forme di discriminazione! Con lo sguardo rivolto al Mediterraneo, con la consapevolezza di essere il Sud dell’Europa, con le responsabilità dell’Occidente e contro tutti gli abusi su tutte le cosiddette “minoranze”

Il nuovo lavoro di Romina de Novellis prodotto da Ramdom con il sostegno del bando Siae S’Illumina e Mibact.

Siete tutte inviatate a partecipare, anche a percorrere con noi un piccolo pezzo o ad aspettarci all’arrivo previsto per le 19:30 circa a punta Ristola, Leuca.

qui puoi trovare maggiori info

RAMDOM A PLATFORM PROJECTS 2018 – ATENE

Ramdom farà parte della mostra ad Atene al Platform Project dal 17 al 20 maggio, nello stand 19. In questa occasione internazionale, siamo orgogliosi di presentare i lavori di Jacopo Rinaldi (Intervallo) e Roberto Memoli (Verderame), due dei quattro residenti del progetto Sino alla fine del mare.

Il nostro stand includerà i lavori di Alessandro Carboni, Luca Coclite, Carlos Casas e Giuseppe De Mattia.

Per saperne di più https://platformsproject.com/

En route to the South di Elena Mazzi e Rosario Sorbello

ARTISTI IN RESIDENZA

Al via il nuovo progetto di residenza!

La pratica dell’apicoltura nomade e il fenomeno della migrazione umana che ha coinvolto l’intera area mediterranea per vent’anni. Il progetto, che si focalizza in un preciso territorio -il sud salento- sarà presentato a luglio 2018! Stay tuned!

_

Il progetto è supportato dal bando SIAE “Sillumina, copia privata per i giovani per la cultura” (Ed. 2017)

Arachne: una marcia femminile oltre il tarantismo

ARACHNE è una marcia femminile verso il Sud, fino ai confini dell’Europa. Il progetto sarà il frutto della residenza di Romina De Novellis a Ramdom.

3 Eventi pubblici nel Salento per parlarvene. Unisciti a noi!

17 apr_Galatina – Sala Scuderie, Palazzo Gallone

18 apr_Tricase – Palazzo della Cultura, Sala Contaldo

19 apr_Lecce – LOFT

_

Il progetto è supportato dal bando SIAE “Sillumina, copia privata per i giovani per la cultura”